Non ci sono più i giornalisti davanti casa, la fame quasi spasmodica di notizie è cessata. Il telefono non squilla più come prima. Il circo delle notizie che si superano incessantemente, ha spento i riflettori dopo un mese di tam tam nazionale su Noemi Durini, sedicenne uccisa dal ragazzo che amava e che abitava poco lontano da casa sua, ad Alessano.
“Era l’unica persona che gli voleva bene: perchè l’ha uccisa?”. “Quando lo incontrerò, vorrò fargli solo una domanda: era l’unica persona che ti voleva bene: perché lo hai fatto? Voglio proprio sapere che mi risponde”: nella calma apparente, la madre Imma Rizzo, non ha perso la forza che l’ha caratterizzata da subito. Ora alterna il suo lavoro alla partecipazione ad incontri di preghiera e di testimonianza sul dolore provocato dalla violenza. “Alcune associazioni mi hanno invitato a parlare con i ragazzi, lo farò come se parlassi a mia figlia – dice la donna – per gli altri incontri nei quali si parla e basta, senza entrare nel merito dei problemi e cercare di risolverli, non ho più nessun interesse. Dovremmo organizzarci, andare in Parlamento e chiedere maggiore certezza delle pene”.
Va agli incontri con i giorvani, prega “ma basta con i convegni che poi finiscono lì”. Dei momenti di raccoglimento e preghiera dice convinta: “Fatte con il cuore le preghiere arrivano, io ci credo. Ma alle riunioni in cui i vari relatori parlano di violenza sulle donne seguendo un copione, non credo per niente. Proprio quelli che avrebbero dovuto aiutarmi per evitare il peggio si sono fatti vedere solo dopo l’omicidio, poi fino ad oggi non si sono fatti sentire più”. Torna così indietro con la memoria, a quando ha cercato in tutti i modi di salvare sua figlia: “Mi ero rivolta a loro, ai servizi sociali, volevo far spaventare un po’ mia figlia e tenerla un po’ a bada, ma nessuno è intervenuto. Era estate, figuriamoci – racconta amara -. È tutto il sistema che non ha funzionato e anche questa è violenza contro un’adolescente; il disinteresse di tutti quando ho denunciato i maltrattamenti che ha subito Noemi è violenza. E poi quel mostro (non usa mai il nome dell’omicida) me l’ha uccisa. L’indifferenza uccide”.
“Quando torno a casa la mia Noemi non c’è”. Solo dopo Imma ha scoperto altri pezzi della storia, altri particolari: “Chi sapeva non ha avuto il coraggio di dirmi nulla. Ognuno ha pensato di stare zitto, perché in fondo non lo riguardava personalmente”, commenta. “Ora torno a casa e la mia Noemi non c’è. Mi rimangono i suoi amici, spesso vengono a trovarmi – continua – a loro dico sempre che quando c’è qualcosa che non va devono confidarsi con i genitori, che sono le persone che ci conoscono meglio, non devono avere timore di parlare. Anche Noemi negli ultimi periodo non mi diceva tutto, se avessi saputo che lui continuava a picchiarla e ad insultarla sarei intervenuta immediatamente, così come ho fatto la sera dopo il suo rientro a casa, sono andata subito a denunciare l’accaduto”
Insieme al dolore dei genitori di Sonia Marra. Nei giorni del dramma finito in tragedia anche i genitori di Sonia Marra, l’altra ragazza di Specchia uccisa a Perugia circa dieci anni fa, sono andati ad esprimere la loro vicinanza. “Almeno io posso piangerla, mi hanno detto con il cuore in mano, il corpo di Sonia non è stato mai trovato”. Dolore aggiunto a dolore. “Possiamo continuare così? Ad aver paura per i nostri figli? Anche loro, in fondo sono vittime. Non bastano gli incontri dove gli ospiti si vantano della propria esposizione: e poi?”, conclude Imma. E aspetta ancora risposte. Che non vengono o, se arrivano, giugnono tardi e senza un seguito concreto.
Ilaria Lia
Pubblicato su Piazzasalento il 24 novembre 2017
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