Ricorrono i trent’anni dai grandi esodi albanesi verso l’Italia. Centinaia di profughi in quel 1991 scappano dalla miseria e approdano carichi di speranza a Brindisi, Bari, ma anche Otranto e lungo tutta la costa pugliese. È entrata nell’immaginario collettivo l’icona della Vlora, attraccata a Bari l’8 agosto 1991, ma pochi ricordano con precisione quello che è accaduto prima o dopo. Il libro “Albania Italia andata e ritorno” edito da Ed Insieme nella collana Graffiti, riporta la storia tanto grande quanto dimenticata della solidarietà che è scaturita immediatamente e gratuitamente negli italiani verso gli albanesi.
È stata la Chiesa cattolica, attraverso le Caritas, la prima a dare soccorso ad un paese che si era dichiarato ateo per costituzione. Un ruolo da protagonista lo ha svolto il Salento, con in testa do Pippi Colavero, direttore della Caritas di Otranto che per primo ha posto in essere diverse azioni e progetti, coinvolgendo tutti i paesi della provincia di Lecce, per aiutare gli albanesi sbarcati nel Salento e per dare conforto a chi era rimasto in patria. In ogni paese si sono avviate raccolte fondi per l’Albania e in tanti sono partiti verso quel paese disperato, per avviare campi scuola, o dei progetti in ambito sanitario, lavorativo, di ricostruzione, campi scuola e altre decine di iniziative umanitarie. Subito dopo tutta Italia, con le Caritas Diocesane, ha dato prova di avere un grande cuore accogliente e l’elenco delle Caritas e dei loro innumerevoli progetti avviati lo dimostra.
Altrettanto grande è stato il contributo di don Tonino Bello, all’epoca vescovo di Molfetta, che prima ha ospitato i profughi sbarcati a maro a Brindisi negli edifici religiosi e poi è stato tra coloro che hanno lamentato il trattamento crudele riservato a chi dal molo di Bari era stato rinchiuso nello stadio della Vittoria, decisione presa da un governo italiano cinico. Ma sono tanti i nomi di chi si è speso per portare aiuto e speranza in un luogo che aveva perso tutto. Nel libro sono raccolte le esperienze di Pier Paolo Ambrosi, il primo delegato di Caritas Italiana ad andare in Albania per coordinare i primi aiuti; l’esperienza editoriale del prof. Vito Lacirignola, che per anni ha raccolto in un giornale gli interventi delle Caritas e delle associazioni coinvolte nei progetti; e ancora le storie di don Luigi Di Liegro, don Aldo Benevelli, don Carmelo La Rosa, mons. Segundo Tejado e mons. Dode Gjergj.
A distanza di trent’anni vale la pena chiedersi cosa si è imparato da quella lezione e cosa rimane di tanta solidarietà elargita. Come sono cambiati gli italiani in rapporto ai nuovi profughi. E si pone il dubbio che forse un altro tipo di accoglienza, rispetto a quella promossa in questi anni, sarebbe possibile.
Il libro si compone di tre parti. La prima propone una ricostruzione storica, che racconta per sommi capi la storia dell’Albania e i rapporti con lo stato italiano, dall’invasione mussoliniana del ’39 fino ai primi anni 2000. Parla del regime di Enver Hoxha e di come sia caduto definitivamente grazie alle rivolte studentesche.
La seconda parte è dedicata agli aiuti solidali in Albania, avviati immediatamente dopo lo sbarco della Vlora. Nella terza parte presenta i profili di alcuni religiosi che hanno speso la loro vita per l’Albania.
Il racconto proposto sulle azioni solidali non è assolutamente esaustivo, ci sono tantissime altre storie che sono ancora sopite e che vale la pena ricordare, per creare una memoria collettiva su ciò che gli italiani sono stati capaci di fare.
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