Presicce

Paese mio, vado via Presicce Acquarica, quando la fusione può essere una cura rivitalizzante

La popolazione invecchia anche nei due paesi che stanno lavorando ormai da tempo per farne uno solo. Seguendo l’andamento provinciale, regionale e nazionale, il numero dei deceduti aumenta notevolmente rispetto a quello di chi viene al mondo; andamento uguale da alcuni anni nei due centri, urbanisticamente attaccati, e non accenna a diminuire. Nel 2017 i nati a Presicce sono stati 36, i deceduti ben 91; ad Acquarica del Capo 28 i primi e 66 i secondi (fonte uffici Anagrafe dei rispettivi Comuni). Questo dato ha spinto le due Amministrazioni a riflettere sul da farsi e che è stato anche oggetto di discussione durante i lavori per la stesura del primo piano urbanistico intercomunale a cura dell’architetto Salvatore Mininanni. Nell’ultima riunione della commissione intercomunale per la fusione dei due Enti, si è iniziato a discutere su come utilizzare i fondi che arriverebbero (se si decidesse di creare un nuovo ente) per rivitalizzare l’economia, per trattenere i giovani e offrire nuove opportunità di lavoro in loco, tematiche ampiamente dibattuti nei documenti per il Pug.

“Uno dei nostri incontri era basato proprio su questo punto: quali sono i motivi che spingono i giovani ad allontanarsi dai paesi e cosa invece li incoraggia a restare – afferma l’architetto Mininanni – purtroppo molti vanno via ed è uno dei motivi per i quali la popolazione diminuisce. Nelle aree più marginali il fenomeno è diventato evidente per la mancanza del lavoro prima di tutto. Un piano urbanistico non è certamente uno strumento più adatto per arginare la situazione, ma sicuramente può generare le condizioni affinché un territorio possa sfruttare al meglio le proprie risorse”. Una prima risposta gli esperti e gli studiosi coinvolti nel progetto intercomunale  l’hanno trovata guardando alle potenzialità che oggi offre l’agricoltura. “È la risorsa principale. Bisogna coniugare la sapienza dei nostri nonni con le conoscenze e le tecnologie attuali – continua l’architetto – per costruire una nuova ruralità e non pensare al contadino come lo era una volta. L’agricoltura è la nuova industria”.

Realizzare prodotti di qualità ed eccellenza, che possano attrarre sempre più i turisti, che scelgono queste zone proprio perché si mangia bene vuol dire anche che si formano ed operano addetti capaci di innovare nell’ambito dell’agricoltura tradizionale. “Bisogna avere conoscenza, competenza, intelletto, finanziamenti e agevolazioni per le imprese – conclude Mininanni – realizzare spazi di coworking e mettere la tecnologia al servizio dell’artigianato. E i comuni sono chiamati ad agevolare chi vuole mettersi in gioco”.

Ilaria Lia

Pubblicato su Piazzasalento il 31 gennaio 2018

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