È il giorno del silenzio, cercato e preteso a gran voce da mamma Imma. Silenzio sulla vicenda dai contorni ancora poco chiari, sulle accuse tra le famiglie, sulle infamie riservate ad un territorio intero, sull’assurda morbosità nei racconti. È il giorno del dolore, del raccoglimento, della riflessione. Il giorno dell’ultimo saluto a Noemi Durini, uccisa a 16 anni, dal ragazzo che amava. Intorno alla camera ardente allestita dalla mattina nessuno ha avuto il coraggio di proferir parola. Dalla mattina fino al momento del funerale un corteo muto, contino e lento, è passato per esprimere la propria vicinanza ad una famiglia distrutta dal dolore. Solo silenzio e commozione. Silenzio invocato più volte anche dal vescovo monsignor Vito Angiuli (diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca) durante la sua omelia: “Il silenzio è come una carezza, consente all’anima di trovare un percorso di luce anche dentro l’oscurità della morte. Silenzio, assenza di parole ma non di sentimenti, che quando sono incontenibili sfociano nel pianto”. Una comunità abituata a raccogliere centinaia di persone nel proprio centro storico, modello urbano noto dappertutto, si è trovata i riflettori di tutta Italia puntati contro per una vicenda devastante e inaspettata. Specchia, unica cittadina dell’Ambito sociosanitario ad avere un Cav, il Centro antiviolenza, è stata colpita proprio al cuore.
È stato un rapporto malato a causare la morte della ragazza che come tutte le sue coetanee cercava solo l’amore e viveva dell’entusiasmo che quel sentimento le trasmetteva. Lo viveva con la caparbietà, accentuata nelle adolescenti, che dava la forza di affrontare tutto. Con le sue compagne, in classe, ne parlava, talvolta con sofferenza; nessuno si sarebbe mai immaginato che quegli screzi tra i due giovani amanti li avrebbero fatti sprofondare in un baratro.
Maglietta bianca e jeans, con in mano una rosa bianca in segno di purezza, i compagni di scuola non hanno mai lasciato solo il feretro. E nella lettera di commiato letta dopo il rito funebre, le hanno chiesto scusa per non aver capito che dietro quella corazza dura poteva nascondersi una richiesta d’aiuto. Anche il Sindaco Rocco Pagliara, nel suo messaggio, chiede scusa a nome della comunità “perché non abbiamo capito, perché non siamo intervenuti”. Si poteva intervenire? Come? Quando? Gli sguardi tradiscono domande non espresse. “La morte di Noemi e il dolore dei familiari ci appartengono – ha detto ancora il vescovo – segno dell’umana compassione, sono soprattutto un pressante invito a porci interrogativi che non possiamo eludere e mettere sotto il silenzio. E mi rivolgo direttamente a voi giovani, vi supplico: aprite il vostro cuore e svelateci i vostri sentimenti, non rifugiatevi nella solitudine, ma lasciateci intravedere l’immenso desiderio di bene che alberga in voi. Camminiamo mano nella mano”.
Che il sacrificio di Noemi sia da esempio per tutti, questo l’appello condiviso alla fine della cerimonia che si chiude con un atto d’amore e di forza della madre. “Non voglio odio. Non odiate, perché l’odio porta soltanto violenza – afferma senza esitazione mamma Imma – mia figlia è morta, ma ha vinto lo stesso perché lei non provava odio”. E poi rivolgendosi agli amici della figlia ha aggiunto: “A voi ragazzi ora chiedo: se avete problemi, venite a casa di Noemi e parlate. La porta sarà sempre aperta per ascoltarvi”. Alla fine della messa palloncini bianchi in aria e un applauso scrosciante su tutto e tutti.
Ilaria Lia
Pubblicato su Piazzasalento il 20 settembre 2017
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